Ricorso  della  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri   (c.f.
80188230587), in persona del Presidente del Consiglio attualmente  in
carica, rappresentata e difesa per mandato  ex  lege  dall'Avvocatura
Generale dello  Stato  dall'Avvocatura  Generale  dello  Stato  (C.F.
80224030587), presso i cui uffici  ha  domicilio  in  Roma,  via  dei
Portoghesi,       12       (fax        0696514000        -        PEC
ags.rm@mailcertavvocaturastato.it), ricorrente; 
    Contro Regione Veneto, in persona  del  Presidente  della  Giunta
Regionale attualmente in carica, resistente; 
    Per l'impugnazione  e  la  dichiarazione  di  incostituzionalita'
dell'articolo 7, comma 1, e  10,  comma  6,  fra  loro  in  combinato
disposto,  nonche'  dell'articolo  11,  commi  1  e  2,  della  Legge
Regionale  29  novembre  2013,  n.  32,  avente  ad  oggetto   «Nuove
disposizioni per  il  sostegno  e  la  riqualificazione  del  settore
edilizio e modifica di leggi regionali in materia di  urbanistica  ed
edilizia», pubblicata sul BUR n. 103 del 30 novembre 2013. 
    La Regione Veneto ha approvato ed emanato la legge n. 32/2013 con
cui, al dichiarato fine di incentivare il settore edilizio, introduce
la  possibilita'  di   realizzare   interventi   di   ampliamento   e
delocalizzazione in deroga agli strumenti urbanistici vigenti. 
    Secondo quanto previsto dall'articolo 1 della legge in questione,
sono incentivati gli interventi finalizzati: 
        a) al miglioramento della qualita' abitativa per  preservare,
mantenere e rivitalizzare il patrimonio edilizio esistente, nonche' a
favorire l'esercizio  dell'edilizia  sostenibile  e  delle  fonti  di
energia rinnovabile; 
        b) ad  incentivare  l'adeguamento  sismico  e  l'eliminazione
delle barriere architettoniche negli edifici esistenti; 
        c) ad incentivare la demolizione e la ricostruzione  in  area
idonea di edifici esistenti che ricadono in aree dichiarate  ad  alta
pericolosita' idraulica; 
        d) a favorire la rimozione e lo smaltimento  della  copertura
in cemento amianto di edifici esistenti. 
    Il successivo articolo 3, comma 2, prevede  che  in  deroga  alle
previsioni dei regolamenti  comunali,  provinciali  e  regionali,  ed
anche alle previsioni dei piani ambientali dei parchi  regionali,  e'
consentito ampliare gli edifici esistenti al 31 dicembre 2013 fino ad
un massimo del 20% del volume o della superficie, e comunque fino  ad
un  massimo  di  150  metri  cubi  per   gli   edifici   residenziali
unifamiliari da destinare a prima casa di abitazione. 
    Ancora, l'articolo 4, comma 2, consente in caso di demolizione  e
ricostruzione l'incremento del volume o della superficie fino al  70%
qualora vengano utilizzate tecniche  costruttive  virtuose  sotto  il
profilo delle prestazione energetiche dell'edificio, e  fino  all'80%
qualora l'intervento di ricostruzione sia eseguito  con  le  tecniche
previste dalla legge regionale n. 4/2007. E tutto cio' in  deroga  ai
regolamenti comunali e  agli  strumenti  urbanistici  e  territoriali
comunali, provinciali e regionali nonche' alle previsioni  dei  piani
ambientali dei parchi regionali. 
    Inoltre, l'articolo  7  consente,  per  gli  edifici  attualmente
insistenti su aree ad alta pericolosita' idraulica ed  idrogeologica,
la demolizione e la  ricostruzione  in  altra  area  territorialmente
omogenea e non pericolosa, con l'incremento premiale sino al 50%  del
volume o della superficie. Se  tuttavia  l'edificio  da  demolire  ha
destinazione residenziale, la sua ricostruzione e'  consentita  anche
in  zona  agricola  purche'  gia'  interessata  da   altre   presenze
edificate, e purche' non connotata da divieti di edificazione imposti
da specifici vincoli di tutela. 
    Infine, l'articolo 10  permette  gli  interventi  di  ampliamento
anche all'interno dei centri storici, se riferiti ad edifici privi di
grado di protezione, ovvero con grado di protezione di demolizione  e
ricostruzione,  di  ristrutturazione  o  sostituzione  edilizia,   di
ricomposizione volumetrica o urbanistica, anche se soggetti  a  piano
urbanistico attuativo. 
    Come si vede, una normativa  ad  ampio  raggio  d'azione  tesa  a
favorire in modo deciso e oneroso (nel senso dell'aggravio  del  peso
edilizio ed  urbanistico  sul  territorio  a  causa  della  rilevanza
quantitativa degli incentivi premiali) la rigenerazione e la messa in
sicurezza attraverso la delocalizzazione dalle aree a rischio. Ma con
categorica  ed  insindacabile  sovrapposizione  agli   strumenti   di
pianificazione   urbanistica   comunale,    tanto    che    risultano
espressamente  abrogate  le   norme   che   demandavano   ai   comuni
l'individuazione degli ulteriori limiti e modalita' applicative della
legge regionale sul proprio territorio, cosi' da generare una diffusa
protesta da parte di molti sindaci (Venezia in testa) che hanno visto
lese le proprie prerogative. 
    Sennonche', siffatto  intervento  legislativo  presenta  numerosi
profili di criticita' per quanto riguarda la sua compatibilita' con i
principi costituzionali che attribuiscono allo  Stato  il  potere  di
dettare le regole fondamentali di governo del territorio, e  pertanto
la Presidenza del Consiglio dei ministri e' costretta a  proporre  la
presente impugnazione, affidata ai seguenti motivi. 
    1) Illegittimita' costituzionale degli articoli 7, comma 1, e 10,
comma 6, della Legge Regionale Veneto 29 novembre  2013,  n.  32,  in
combinato fra loro disposto in riferimento all'articolo 117, comma 2,
lettera s) e comma 3, della Costituzione. 
    L'articolo 7 della Legge Regionale che qui si  censura  introduce
nella legge regionale n. 14/2009 l'articolo 3-quater («Interventi  su
edifici  in  aree  dichiarate  ad  alta  pericolosita'  idraulica   e
idrogeologica»). 
    La nuova norma, al comma 1, dispone: «Per gli  edifici  ricadenti
nelle aree dichiarate ad alta pericolosita' idraulica o idrogeologica
e' consentita l'integrale demolizione e la  successiva  ricostruzione
in zona territoriale omogenea propria non dichiarata di pericolosita'
idraulica  o  idrogeologica,  anche  in  deroga  ai  parametri  dello
strumento urbanistico comunale, con un  incremento  fino  al  50  per
cento del volume o della superficie.». 
    L'articolo 10, comma 6, che pure  qui  si  censura,  modifica  la
lettera g) dell'articolo 9 («Ambito di  applicazione»),  della  legge
regionale n. 14/2009, che vieta l'applicazione  degli  interventi  di
ampliamento  e  di  demolizione  e  ricostruzione  per  gli   edifici
ricadenti in aree dichiarate ad alta pericolosita' idraulica e  nelle
quali  non  e'  consentita  l'edificazione  ai  sensi   del   decreto
legislativo 3 aprile 2006, n. 152 («Norme  in  materia  ambientale  e
successive modificazioni»), aggiungendovi le parole «fatte  salve  le
disposizioni di cui all'articolo 3-quater.». 
    Le nuove disposizioni, pur incentivando  l'integrale  demolizione
di  edifici  siti  in  aree  ad  alta  pericolosita'   idraulica   ed
idrogeologica, e la loro ricostruzione in zone territoriali  omogenee
non dichiarate pericolose, introducono alla  previgente  disposizione
regionale una modifica lesiva della potesta' legislativa  in  materia
di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, che l'articolo 117,  comma
1, lettera s), della Costituzione attribuisce in via  esclusiva  allo
Stato. 
    L'articolo 9, comma  1,  lettera  g)  della  legge  regionale  n.
14/2009, infatti, nell'escludere gli interventi di ampliamento  e  di
demolizione  e  ricostruzione,  utilizza  il  termine  «pericolosita'
idraulica», che ricomprende solo l'alluvione e non anche  il  termine
«pericolosita' idrogeologica» che ricomprende le aree a rischio frana
e valanga. 
    Il testo della norma regionale prima della modifica, era coerente
con  quanto  previsto  nel  d.P.C.M.  29  settembre  1999  («Atto  di
indirizzo  e  coordinamento  recante  l'individuazione  dei   criteri
relativi agli adempimenti  di  cui  all'art.  1,  commi  1  e  2  del
decreto-legge 11 giugno 1998, n. 180»), che esclude  l'ammissibilita'
di alcuni degli interventi per le aree ad alta  pericolosita'/rischio
idrogeologico, differenziando tra aree a rischio idraulico ed aree  a
rischio frana (§ 3.1 e § 3.2). 
    L'attuale testo della norma regionale, risultante dalla  modifica
introdotta  dalla  Legge  che  qui  si  censura,  contrasta  con   la
disciplina statale di riferimento, nella misura in cui  e'  idonea  a
consentire  gli  interventi  menzionati  anche  in  violazione  delle
prescrizioni piu' restrittive contenute negli atti di  pianificazione
di bacino, le quali, ai sensi dell'art.  65,  commi  4,  5  e  6  del
decreto legislativo n. 152/2006 hanno  carattere  vincolante  per  le
amministrazioni ed  enti  pubblici  e  sono  sovraordinate  ai  piani
territoriali e ai programmi regionali. 
    Non si tratta, in sostanza, di esercizio da parte  della  Regione
Veneto di potesta' legislativa concorrente perche' non si discute nel
caso di specie di mero governo del territorio; la difesa dal  rischio
idrogeologico attiene alla tutela  dell'ambiente  e  dell'ecosistema,
che e' materia in cui alla regione e'  inibito  dettare  disposizioni
legislative proprie. 
    Ma anche se si ritenesse che l'intervento  legislativo  regionale
afferisce al governo  del  territorio,  ugualmente  sarebbe  leso  il
principio costituzionale del riparto di competenza  legislativa,  dal
momento che  la  regione  deve  rispettare  i  principi  fondamentali
dettati dallo Stato, e - fra  questi  -  indubbiamente  rientrano  le
regole di tutela dal rischio  idrogeologico,  che  sono  ispirate  ad
esigenze  di  salvaguardia  del  territorio,  dell'ambiente  e  della
pubblica incolumita', e che - come tali - devono  trovare  necessaria
uniformita' su tutto il territorio nazionale. 
    Di conseguenza, le disposizioni di cui  all'articolo  9,  lettera
g), della legge regionale n. 14/2009, come  modificate  dall'articolo
10, comma 6 della legge  in  esame,  violano  l'art.  117,  comma  2,
lettera s) della Costituzione,  nella  parte  in  cui  non  prevedono
l'esclusione degli interventi citati in tutti i casi in cui le  norme
di attuazione dei piani di bacino o la normativa di salvaguardia  non
consentono, nelle aree considerate, tale tipologia di  interventi  o,
piu' in generale, nelle  aree  ad  alto  (elevato  e  molto  elevato)
rischio idrogeologico, nelle quali non e'  consentita  l'edificazione
dagli strumenti di pianificazione. 
    2) Illegittimita' costituzionale dell'articolo 11, commi 1  e  2,
della Legge Regione Veneto 29 novembre  2013,  n.  32,  in  relazione
all'articolo 117, comma 2, lettera s), e comma 3 della Costituzione. 
    La norma in  rubrica  censurata  modifica  l'art.  10,  comma  1,
lettere a) e b) della legge  regionale  n.  14  del  2009  eliminando
l'obbligo,  per  gli  interventi  di  ristrutturazione  edilizia,  di
rispettare la sagoma esistente. 
    Cosi' disponendo, tuttavia, essa si pone in contrasto con  l'art.
3, comma 1, lettera d) del d.P.R. n. 380 del  2001,  che  impone,  ai
fini  della  qualificazione  degli  interventi  di   ristrutturazione
edilizia, sottratti percio' al permesso di costruire e assoggettati a
mera  s.c.i.a.,  il  rispetto  della  medesima  sagoma  dell'edificio
preesistente, qualora si tratti di immobili sottoposti a  vincoli  ai
sensi del decreto legislativo  n.  42  del  2004  («Codice  dei  Beni
Culturali e del Paesaggio»). 
    La norma dello Stato  di  cui  al  Test  Unico  n.  380/2001  e',
evidentemente anche per ragioni  di  collocazione,  solo  formalmente
edilizia, ma sostanzialmente e' di tutela del  patrimonio  culturale,
risolvendosi in una disposizione di maggior tutela dei beni culturali
vincolati, escludendo  che  interventi  di  ristrutturazione  possano
comportare l'alterazione  qualitativa  e  quantitativa  della  sagoma
esistente degli edifici soggetti a vincolo. 
    Poiche' e' indiscutibile che la  tutela  dei  beni  culturali  e'
riservata alla potesta' legislativa esclusiva dello  Stato  ai  sensi
del  secondo  comma,  lettera  s),  dell'art.  117  Costituzione,  la
disposizione regionale  de  qua  invade  indebitamente  la  sfera  di
signoria statale attenuando in maniera  indebita  l'intensita'  della
protezione che lo Stato vuole sia attribuita al patrimonio culturale. 
    Si tratta di materia riservata, nella quale alla regione  e'  del
tutto inibito legiferare. 
    Ma anche qui, come per l'altra norma regionale censurata  con  il
presente ricorso, seppure si ritenesse che  l'intervento  legislativo
regionale   si   e'   limitato   ad   incidere   solo   su    aspetti
urbanistico/edilizi,  ugualmente  ne  sarebbe   leso   il   principio
fondamentale di tutela dettato  dallo  Stato  con  l'articolo  3  del
d.P.R. n. 380/2001,  che  costituisce  un  limite  invalicabile  agli
apprezzamenti  che  la  regione  fa  del  proprio   territorio,   non
consentendo la compromissione di interessi di  portata  superiore  e,
indubbiamente, ultra locali. 
    Si pensi all'effetto devastante che  l'applicazione  della  norma
regionale potrebbe avere nelle citta' storiche  (Venezia  in  testa),
dove la stragrande quantita' degli edifici e' giustamente  sottoposta
a vincolo e che potrebbe vedere alterata, e quindi  irreversibilmente
compromessa,   un'immagine   architettonica   che    e'    patrimonio
dell'umanita'. 
    Il tutto. essendo gli interventi in  questione  realizzabili  con
semplice s.c.i.a. senza che sia  neppure  possibile  l'irrinunciabile
tutela della conservazione dei  valori  culturali  ed  architettonici
affidata al parere delle Sovrintendenze. 
    La  norma  in  rubrica  contrasta   pertanto   con   i   principi
fondamentali della legislazione statale in  materia  di  governo  del
territorio  (art.  117,  comma  3  della  Costituzione)  e  con   una
disposizione di tutela dei beni culturali, vincolante per le  regioni
ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.